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Uno splendido viaggio sulle montagne russe della mente di una borderline girl

lunedì 14 marzo 2011

Flash numero 2

Lunedì 14 marzo


Nuovamente lunedì mattina: a quanto pare la mia creatività (e a volte spero pure credibilità) si ridesta dal letargo del fine settimana e mi fa venire voglia di scrivere, ovvero scribacchiare forsennatamente su fogli improvvisati ciò che mi passa per la testa per poi ricopiare tutto con santa calma sul blog.. come minimo mi vanno via cinque giorni.

Il lunedì mattina si ridestano i pochi neuroni rimasti, e solamente quelli che non sono stati selvaggiamente bombardati da dosi varie e variegate di psicofarmaci nel corso degli anni. Decisamente troppo poco.

Infatti sento che col passare degli anni le mie capacità cognitive stanno drasticamente diminuendo, ma in cambio ho scoperto il desiderio di scrivere, di raccontarmi, e quasi quasi preferisco perdermi nel mio mondo bizzarro piuttosto che cercare di inserirmi una realtà che, sarà per colpa mia, non lo nego, mi ha sempre rimbalzata fuori come se avessi fatto un frontale contro una sequoia.

Ed eccomi, nel contemplare il vuoto, come sempre più spesso mi capita, e continuare ad osservare come in un film i flash più significativi della mia vita.

E dai mille stralunati flash della mia vita fanciullesca, tormentata, ingenua ma anche felice, (e quell'epoca secondo me era un gran bel mondo anche se i Beatles si erano già sciolti), giungo secondo percorsi neuronali del tutto casuali a nuovi flash, questa volta un po’ più recenti.

Caspita, ho già 38 anni, quasi non me ne rendo conto, e di acqua ne è passata sotto i ponti (a volte acqua inquinata, a volte fango vero e proprio ma anche acqua limpida come una spiaggia tropicale).

La prima laurea è un ricordo archiviato nell’armadio delle inutili formalità espletate. L’unica cosa che ricordo con piacere è che mi sono scolata a canna tutta la bottiglia di limoncello.

La seconda invece è stata dura, ma fortemente voluta. Non volevo dimostrare niente a nessuno (ho già provveduto ad accontentare mio padre con la prima).

La tesi è stata molto impegnativa, sul Sessantotto, periodo nel quale avrei voluto ardentemente vivere. Ricordo che non mi reggevo neppure in piedi per le pessime condizioni di salute, ma , dura e tenace, con quintali di pura adrenalina addosso, sono arrivata fino alla discussione. E quando sei lì, davanti alla commissione, e con voce decisa e perentoria discuti i tuoi scritti e le tue teorie, è un momento che non ha prezzo (soprattutto quando ti comunicano il voto!).

Senti che sei grande, che hai un valore, che non hai buttato via il tuo tempo inutilmente. Almeno fintanto che ti trovi all’interno dell’Aula Magna dell’università, poi quando torni alla realtà vedi che la situazione non è cambiata poi di molto (almeno dal punto di vista lavorativo). Però ne è valsa la pena e rifarei tutto da capo se dovessi ritornare indietro.

Altro flash, poco distante dalla seconda laurea: io che entro in comunità a Portogruaro. Pessima esperienza, litigi con tutti, medici, infermieri, operatori vari. Non sopporto la rigida disciplina militaresca e soprattutto che mi si mettano le briglie.

E in quell’occasione la Signora Morte ha bussato alla mia porta: un collasso e via di corsa a sirene spiegate in ambulanza al pronto soccorso. Non scorderò tanto facilmente quella corsa. Io, tanto spavalda, ho visto la tanto agognata morte in faccia e in quel momento me la sono davvero fatta sotto.

Avrei tanto voluto morire a casa, nel mio letto, in un posto a me caro. Giuro, la morte l’ho vista, ma in quel momento non ero pronta, mi ha fatto troppa paura. Il fatto è che devi essere preparato, ci sono tutti i riti per accoglierla con il rispetto che merita. L’esperienza insegna.

Ricordo poi che mi hanno ricoverata in ospedale, mi hanno messo il sondino naso gastrico; due mesi di tortura. Ma non c’era altra via d’uscita. Mi sono sentita irrimediabilmente sconfitta, gettata all’angolo. Del successivo ricovero a Portogruaro non ne parlo volentieri, forse perché l’esperienza si è rivelata piuttosto deludente.

I ricoveri a Teolo: per me è stata una vacanza in un hotel a 5 stelle, in un’enorme struttura immersa nei Colli Euganei. Certo, c’erano le cure, le terapie e impegno da mettere in conto, ma il fatto di vivere in una specie di comunità, di condividere le esperienze con le altre persone, hanno rappresentato una bella vittoria contro la solitudine di cui soffrivo da tempo. Tutto sommato non è andata male. Soprattutto il secondo ricovero, nel quale ho conosciuto persone splendide, tormentate ma di una profondità unica.

Di Teolo ho un ricordo fatto di malinconia struggente. Le sigarette in terrazza alle 6 del mattino, le cazzate sparate la sera prima di andare a dormire, i silenzi artificiali dei corridoi nel cuore della notte e ognuno perso nei suoi sogni e nei suoi pensieri, i pasti a orari improponibili, le passeggiate nel parco, le mille partite a ping pong. Mai prima d’ora mi ero sentita così protetta e non ho patito la solitudine.

E poi l’uscita dalla clinica, la ripresa di una parvenza di vita normale, un simil lavoro, due gatti a tenermi compagnia, insomma, sembrerebbe tutto sotto controllo.

Ma non so perché, sarà il mio essere fuori dagli schemi, oppure i neuroni danneggiati, ma ho di nuovo la carogna che continua a salirmi quotidianamente sulla spalla e mi mangia l’anima. Ogni tanto mi lascia in pace, ma sono momenti molto fugaci.

E quel mucchietto di pastiglie che ho inghiottito un paio di settimane fa sono il gesto estremo che finora non avevo mai avuto il coraggio di compiere ed è un segnale che mi dice che sono tanto stanca. E’ la stessa storia che si ripete ciclicamente: per un po’ stai bene, poi stai di nuovo male, ma il cielo continua a d essere grigio nonostante tutti gli altri ti dicono che è azzurro. Niente da fare. Tu non lo vedi.

Per ora ho ancora un po’ di benzina per andare avanti, poi penserò a cosa fare. Già intravedo un nuovo ricovero a Teolo.

Ed ora? Mi ritrovo in un’aula piena di persone disabili che seguono con un’attenzione cento volte superiore alla mia (anche perché i farmaci mi fanno dormire) un corso di contabilità. Mi sono fatta fregare per l’ennesima volta dal mio desiderio di imparare qualcosa di nuovo, di fare la diligente allieva di corsi indubbiamente organizzati bene ma dalla dubbia utilità in campo lavorativo. La contabilità e soprattutto la redazione del bilancio mi mancavano, come se, una volta imparate, mi si apriranno mille porte per entrare nel mondo del lavoro.

Bull shit! Ma fare le ore piccole sui libri mi ha sempre appassionata, che ci volete fare, amo le sfide. Anche se il fascino che provavo verso il mondo del lavoro si è esaurito da un bel pezzo, almeno trascorro le mattine fissando la lavagna con l’insegnante che scrive numeri e formule che io capisco con molta difficoltà.

E di nascosto, quatta quatta, strappo un foglio dal mio block notes e senza farmi notare continuo a scrivere le mie stranezze, coltivando, in un angolo segreto del mio cuore, il desiderio di diventare, un giorno o l’altro, una scrittrice.

Per il resto non penso ad altro.

Cerco solo di sopportare la vita.

4 commenti:

  1. Umilmente credo che tu abbia tanto da perdonare, a te stessa e gli altri. è un fardello pesante da portarsi in giro. tutti noi facciamo errori ma abbiamo la possibilità di imparare da questi e non commetterli più, cambiando il nostro presente e il futuro. e come noi, anche chi ci vuole bene sbaglia e a volte paghiamo noi le conseguenze.
    perdonare (non dimenticare, solo perdonare) ci permette di correre verso il domani più leggeri e sereni.

    e basta fare corsi e prendre lauree e diplomi, Luisona, quelle poche energie che hai in questo momento usale per costruire altro. mi sbaglio o avevi una nuova prospettiva di lavoro?
    e magari saresti anche stata pagata per farlo?
    a volte sembra che tu abbia paura di crescere e di fare una vita da adulta.
    mi sbaglio?

    tutte queste considerazioni le faccio senza nemmeno sfiorare il profondo dolore che, comunque, ti affligge. perchè lo rispetto troppo per menzionarlo.

    ti voglio tanto bene.
    Gigia

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  2. a perdonare non sono molto brava, soprattutto me stessa..
    adesso mi risuona come un mantra in testa la canzone dei Baustelle quando dice "vorrei morire a questa età, vorrei stare ferma mentre il mondo va..."
    il lavoro ce l'ho e vado avanti con quello unitamente al corso, la mia vita è abbastanza sistemata, ma la carogna non va via.. scusami, ma proprio non ci posso fare nulla..

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  3. Luisa cara,
    ti continuo a seguire costantemente sul blog, anche se magari non commento sta pur cherta che ti leggo e ti sono sempre vicina...
    Spero che presto ci sia un'occasione per vederci, sappi che ci sono sempre!
    Un bacione.

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  4. Cara Antonia, sono felice di senrti vicina, sei una bellissima persona.
    Fra pochi giorni parto, un altro tour de force in clinica.. spero che potremo sentirci anche da lì. Io mi porterò dietro il pc e sarò sempre reperibile.
    Mando un abbraccio enorme a te, Anna ed Elettra (col la quale noto con piacere di avere gli stessi gusti musicali!)
    ciaoooo

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