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Uno splendido viaggio sulle montagne russe della mente di una borderline girl

mercoledì 27 luglio 2011

Grand Hotel Villa Napoleon

Ed ecco che timidamente riemergo dal buco nero e melmoso nel quale ero sprofondata negli ultimi mesi negli ultimi mesi e provo timidamente a guardarmi intorno.
Le alternative erano ben poche: o continuavo il processo di lenta autodistruzione iniziato mesi fa (ho provato anche a distruggermi in maniera definitiva ma si vede che sono troppo imbranata o molto più probabilmente vigliacca), oppure cercare un appiglio, una via di scampo.
Ho optato per questa seconda opzione e finora non me ne sono pentita.
Aveva ragione Freccia nel mitico film Radiofreccia di Ligabue quando diceva che da te stesso non ci scappi neanche se sei più veloce di Eddie Merxx.
Ed eccomi di nuovo in clinica, dove tra non molti giorni trascorrerò il mio compleanno. Beh, di festività passate in qualche struttura, ospedale o clinica che fosse, ne ho fatte tante, per cui non mi pongo più di tanto problemi. Offrirò da bere a tutti un bel caffè decaffeinato dal distributore automatico, visto che di caffè vero non ce n'è l'ombra, non so di cosa abbiano paura nel farci bere un caffè normale...
Questa volta la clinica ha un nome altisonante: “Villa Napoleon”; avrei preferito l'Hotel California cantato dagli Eagles ma non si può avere tutto nella vita. Il nome ricorda qualche grand hotel coi camerieri tutti impettiti nella loro livrea inamidata e i tappeti rossi nei corridoi. E' un posto molto bello, un'antica villa veneta del '700, coi soffitti alti, enormi lampadari dorati, poltrone di pelle e una sala da pranzo sontuosa. Purtroppo il parco non è grandissimo, non riesco a farmi le mie passeggiate chilometriche, però in compenso ci sono il minigolf e la biblioteca.
L'unica cosa strana è che ti devi comprare la carta igienica, qui la vendono alla modica cifra di 2,10 euro. Che strano...
Devo ammettere che questa volta ho avuto una enorme botta di culo: la mia splendida amica Gigia ha fatto una ricerca per me sulle cliniche del Triveneto, ha trovato questa, io ho telefonato e nel giro di una settimana sono arrivata. E' successo tutto così velocemente che stento ancora a rendermene conto.
E la fortuna è stata ancora dalla mia parte visto che mi sono beccata una stanza singola con televisione. Ed è tutto gratis (e qui è in atto una diatriba con la Gigia la quale sostiene che comunque qualcuno paga e siamo noi contribuenti con le tasse. Tutto giusto, ma se la spesa pubblica può può essere impiegata in cose utili come questa ben venga. Sono gli sprechi che vanno aboliti, tipo le troppe auto blu dei parlamentari).
Sui medici ancora non mi esprimo, è troppo presto. Anche se in realtà stamane ho ingaggiato una discussione col primario perché a mio avviso mi sono sentita dare della bugiarda. L'ho affrontato a modo duro, dicendogli che io non sono una contaballe e lui per risposta mi ha detto che io sono una persona malata; malata dall'età di quattro anni quando picchiavo selvaggiamente i bambini più piccoli di me. Sto camminando su una lastra di ghiaccio ed è naturale che io cada in continuazione. Ipse dixit.
Per ora sono bombardata di farmaci, sto facendo la cura del sonno e tutto sommato, giunta a questo punto, mi va anche bene, così posso riprendere le forze che ormai mi hanno abbandonata.
Soprattutto qualsiasi cosa va bene pur di mettere a tacere la feroce belva che mi divora l'anima, mi succhia il sangue e mi massacra la vita). Dovrò portare molta pazienza perché qui i ritmi sono molto lenti e per una persona iperattiva come me è uno sforzo tremendo lasciare che i minuti e le ore passino con tanta calma senza dover correre in giro. Io non sono capace di stare ferma, la mia giornata deve essere pianificata al millesimo di secondo, non devono esserci spazi vuoti, altrimenti mi fermo a pensare e allora sono guai.
I miei compagni di viaggio sono molto eterogenei e peculiari a modo loro, spesso mi fermo ad osservarli, a cercar di capire che cosa li abbia condotti fin qui. Mi hanno avvisata in anticipo che qui c'è una marea di scrocconi: tutti che chiedono in continuazione soldi per il caffè o una sigaretta. Ma io ho imparato a fargli capire che da me non si tira fuori un ragno dal buco. Poche parole, ma ben chiare.
Quindi per ora ci siamo io, il mio blog, tanti libri da leggere, tante sigarette da fumare e la bestia addormentata.
Domenica sera, quando sono andata a salutare i miei genitori prima della partenza, al momento del commiato mio padre mi ha salutato dicendomi: “Questa non è la vita che avevo pregustato per te. Proprio belle soddisfazioni ci hai dato.”
Grazie papà, grazie dal profondo del mio cuore. Le tue coltellate con frasi brevi ma intense nel corso degli anni hanno sempre fatto centro, proprio in mezzo al cuore, facendolo sanguinare copiosamente. E non me ne frega un cazzo se adesso hai il Parkinson e la demenza senile, le parole le riesci pur sempre a trovare. Potevi fare a meno di mettermi al mondo, mi avresti risparmiato tante fatiche.
Giusto un mese fa, ho fatto un sogno strano. Io e mio padre in una stanza, io che lo prendo per il bavero della camicia, lo sbatto violentemente contro il muro e gli urlo: “Grazie papà! Grazie di cuore! Proprio un bel regalo mi hai fatto: la vita. Non potevi farne a meno? Perché cazzo l'hai fatto???”
Non gliela perdono, io non perdono niente a nessuno, ma alla fin fine questi sono discorsi abbastanza sterili ed inutili, i genitori non li puoi scegliere, gli amici sì. Non si potrbbe fare il contrario?
Stando qui dentro in clinica mi sento bene, a mio agio. Mi vesto come voglio, dico quello che voglio, l'ipocrisia della vita reale qui non è presente.
Ecco: noi siamo i “quasi adatti”. Siamo persone che potrebbero tranquillamente vivere nel mondo (in)civile ma in qualche modo siamo dei disadattati. Io stessa continuo a sentirmi come una straniera alla terra. E questo mio modo di essere è il mio marchio di fabbrica, nessuno me lo leverà mai e sotto sotto forse non voglio neanche che lo facciano.
E finisco a ripensare al mio atavico dilemma; “cosa è normale e cosa non lo è?” Non l'ho ancora capito. Ho studiato la distribuzione normale in statistica ma non è la stessa cosa. Ad ogni modo si tratta di una campana rovesciata dove gli elementi cosiddetti normali, i più frequenti, sono posizionati sulla sommità della campana, gli altri sono posizionati nelle code: sono gli outliers cioè quegli elementi che non seguono il comportamento della massa.
Ed io sono una discreta outlier, ma intendo rimanerci nelle code, magari trovando un modo per vivere senza dovermi necessariamente autodistruggermi.
Ce la farò? Who knows?