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Uno splendido viaggio sulle montagne russe della mente di una borderline girl

domenica 6 marzo 2011

Flash

E' un lunedì mattina grigio/freddo/nuvoloso come da copione, io mi ritrovo seduta nella mia auto al distributore di benzina. Rimango imbambolata a fissare il muro grigio, senza accorgermi dell'enorme cartello che dice che è tutto chiuso.
Fisso il vuoto senza vedere nulla.
E la mente parte.... succede spesso... Tanti flash di momenti belli e momenti brutti vissuti nella mia vita, come un cortometraggio a volte in bianco e nero, a volte a colori, che mi fa pensare a quante cose ho vissuto finora.
Quando andavo a far benzina proprio il quel distributore perché mi piaceva il benzinaio, era molto gentile, piccolo e cicciottello, ma, me ne sono accorta subito, mi trattava con la consueta gentilezza che usava per tutti gli altri clienti.
La via IV novembre a Feletto Umberto, percorsa un miliardo di volte per andare a lavorare, passando davanti alla casa della mia amica Lorenza, compagna di stanza in collegio a Padova.
La mia stanzetta numero 16 in collegio, in cui troneggiava il poster di Paul MaCartney, dove facevo i santi cavoli miei. Ma ero anche diligente, studiavo parecchio, anche fino alle due di notte, poi un esame bastardo mi ha messo i bastoni tra le ruote e ho mandato tutto a quel paese (salvo poi rifarmi alla grande in età più matura).
La stanza si trovava proprio sopra la fermata dell'autobus e io, proprio al primo piano, certamente avrò inalato una discreta quantità di quell'urban parfume. Ricordo anche con infinito piacere le partite a carte fino a tarda notte, bevendo e fumando come disgraziate, ma è anche naturale sgarrare un po' quando finalmente a 18 anni esci di casa e vai a vivere una nuova vita lontano dall'oppressione dei genitori.
Le fette biscottare nel caffellatte a colazione quando ero piccola, le odiavo, facevo il possibile per saltare la colazione, ma purtroppo quel buldogg di mia madre era proprio forte a placcarmi.
Quando ho scoperto che mi piacevano da impazzire i pomodori, Avrò avuto 3 anni, papà stava pranzando r io, piano piano, gli ho fregato tutte le fettine, godendo felice.
Il mio primo giorno di scuola, col grembiule nero ed il fiocco rosa. mia nonna che mi accompagna tenendomi per mano e mi affida alla maestra. Eravamo nei prefabbricati perché c'era stato da poco il terremoto, ma a me piaceva lo stesso. Ricordo l'odore della cartella, non so proprio come descriverlo, un cuoio molto forte e inebriante. So solo che era unico e per anni, andando in soffitta, continuavo ad annusarlo, facendomi delle piste galattiche.
L'odore dei pennarelli, la colla che ci spalmavamo sulle mani per poi sfregarla e trasformarla in piccoli grumi, il fastidio del gesso che si rompe sulla lavagna.
Io che facevo la piccola teppista provocando danni ai motoveicoli parcheggiati sotto casa, e soprattutto picchiavo con violenza infinita i bambini più piccoli di me. Ero il terrore del quartiere, mi chiedo ancora come mai non siano intervenute le assistenti sociali. Forse all'epoca non esistevano.
Una notte, ero piccola, avrò avuto 2 o 3 anni, mi sono svegliata nel cuore della notte ed ho visto davanti al mio letto una figura bianca trasparente, che mi fissava e mi soffiava aria fredda. Il terrore mi fa chiudere gli occhi con la speranza che scompaia, ma rimane lì e io mi metto a chiamare a squarciagola mio papà. Non ho ancora capito cosa fosse ma ci giurerei, anche a distanza di molti anni, che fosse un'entità reale.
Le lunghe passeggiate con la nonna, visto che i miei non potevano tenermi. Non era di molte parole, ma adesso rimpiango tantissimo per non averla trattata con più affetto. Ero e rimango la solita cogliona e maleducata.
Mi ricordo che partivamo dalla casa di Tolmezzo e andavamo a farci un giro, con l'immancabile sosta al Bar Manin, dove lei prendeva un caffè e leggeva il giornale, mentre io mi ciucciavo l'immancabile lecca lecca alla fragola.
Le porte sbattute in faccia a mia madre perché non volevo che entrasse in casa: non c'era mai, che diritto aveva di metterci piede?
Le innumerevoli botte ricevute perché non volevo mangiare; ho ancora il segno di una bastonata inferta da mio padre sulla testa col mestolo della polenta. Ogni tentativo di fuga era inutile.
Un flash molto particolare: avrò avuto pochi mesi di vita ma mi rivedo con gran lucidità distesa sulla bilancia (quanto mi stanno sulle palle le bilance!) e poi sollevata e rimessa sulla culla dalla mia dottoressa. Piangevo e urlavo e, lo giuro, sento quel momento nella sua intensità come se fosse successo ieri..
Le lunghe perlustrazioni delle cantine e delle soffitte dei condomini di Tolmezzo, alla ricerca di chissà quale fantomatico tesoro. Ci sentivamo trasgressivi e, inutile dirlo, io ero il capobanda.
I miscugli di detersivi e medicine che io e la mia dirimpettaia Francesca facevamo in terrazza, avevamo la sindrome del piccolo chimico. troppo divertente.
Le lunghe passeggiate al mare da piccola con mio padre, il colore del sole che tramonta sulla vastità del mare.
Il periodo da profuga durante il terremoto a Grado con la nonna. Eravamo solo io e lei, e le mie cugine nell'appartamento a fianco. Io lo ricordo come un momento fantastico, eravamo una piccola comunità di profughi carnici, era così bello essere uniti in un momento così difficile.
Le canzoni di montagna insegnate da mio padre quando andavamo in ferie ad Auronzo, e a squarciagola cantavamo "Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio..."e così via in una infinita serie di duetti.
Le ferie ad Auronzo: tutto bello tranne il viaggio, dato che mio padre, per come affrontava i tornanti, faceva venir voglia di vomitare i pasti degli ultimi cinque anni. Amavo andare al lago dove c'erano le giostre e gli scivoli, ci perdevo le ore.
Quando ho compiuto 6 anni: nella mia mente ero convinta che da quel momento in poi, inziando la scuola, sarei diventata una persona grande. E allora mi sono presa armi e bagagli e sono andata a fare un giro per Auronzo da sola. Quando i miei mi hanno beccato, ne ho prese tante ma tante, che ancora me lo ricordo.
La mia prima Comunione: ero dolcissima, con quel vestito lungo e bianco, gli occhioni azzurri che spuntavano dalla foto, con la frangia d'ordinanza, e uno sguardo ricolmo di serenità infinita. Ma che odio le collant bianche che non mi stavano su, perchè io ero la più alta di tutti e non si riusciva a trovare un indumento che fosse uno che andasse bene per la mia taglia. E tutto il casino che abbiamo fatto al ristorante: tutte le pietanze che non ci piacevano le abbiamo buttate sotto il tavolo. Un gran bel porcile...
Quando mio papà mi ha salvato la vita in un incidente stradale durante un viaggio di ritorno da Auronzo, una domenica sera. Ad un tornante un tizio ubriaco fradicio ha deciso che la strada era tutta sua e ci ha centrato in pieno.
Quando io e mio padre, visto che nell'incidente ci eravamo entrambi fatturati il femore, andavamo in giro per Tolmezzo ognuno con le stampelle. Eravamo un po' buffi da vedere.
Quando durante l'adolescenza io e mio padre ci odiavamo talmente tanto che ci davamo tante di quelle botte che forse è da lì che mi è nata la passione per il kick boxing.
Le mie velleità artistiche: facevo pattinaggio artistico con scarsi risultati ma tanta buona volomtà: ho ancora le foto dei saggi annuali: in una sono vestita da cespuglio e nell'altra da arpa. Quando quelle foto, anni e anni dopo, sono finite nel bar del paese,(gran scherzo bastardo di franz e Luigi) , io dalla vergogna, per sottrarmi alle grasse risate degli avventori, volevo nascondermi in cantina coi topi.
Quando ho comunicato ai miei che mollavo l'università: non me l'hanno mai perdonato. Per non parlare di quando alla maturità sono uscita solo con 38/60. Gli ho dato una delusione cocente. Ma io sono così: se una cosa mi piace la studio, altrimenti, il libro rimane intonso.
Quando un paio di anni fa mia madre mi telefona dicendomi che mio padre sta male . Infarto. Ma alla fine ce l'ha fatta. Però il terrore che ho provato per una eventuale imminente perdita è inenarrabile e ancora qui con me, che me lo porto dentro.
Paradossalmente mia mamma non c'è mai nei miei flash (tranne per le botte quando non mangiavo) e se appare faccio subito in modo che la sua figura scompaia immediatamente. Non la odio, anzi, apprezzo quanto ha sempre fatto per me, ma non la amo, a volte la tollero con fatica, altre le spaccherei la faccia, ma riconosco che è dotata di un bel paio di palle grandi e grosse. Rispetto, dunque, sempre e comunque.
Gli gnocchi la domenica a pranzo, la pizza fatta in casa la domenica sera quando io ne approfittavo per rubare un goccio di birra dal bicchiere di mio padre e la mia faccia diventava di uno strano colore rosso-violaceo.
Il pasticcio a Capodanno, seduti in sala, con servizio buono e il caminetto acceso e in sottofondo il concerto di musica classica in grande stile dell'Orchestra di Vienna.
Le giostre e le bancarelle a Udine a novembre per Santa Caterina, e i biglietti gratuiti che ci regalava zio Bepi, che lavorava nella polizia e, non so come, aveva sempre la soluzione a tutti i problemi.
Il mio continuo peregrinare come ospite a volte a volte ben accetta a volte fastidiosa un pò meno dei vari parenti perchè i miei genitori non potevano tenermi visto che mio padre era sempre ricoverato in ospedale, impegnato a non lasciarci troppo presto la pellaccia.
Indimenticabili gli scherzi dei miei cugini Claudia e Alberto. una volta mi hanno fatto salire su una sedia per passargli un fico e loro, dalla terrazza al primo piano mi hanno rovesciato addosso un intero secchio di acqua ghiacciata.
Il bizzarro cugino Luca non mi faceva mai annoiare: grazie a lui ho imparato a giocare a ping pong e anche a golf nella pista artigianale costruita nel giardino.
Le scuole medie dai Salesiani, con la loro ferrea disciplina: credo di aver svolto da loro il mio servizio militare e, visto che se sono comandata a bacchetta rendo al massimo, ho ottenuto risultati eccellenti. Cosa che poi non si è ripetuta più.
Le vacanze in Toscana con i miei: stupenda regione, pallosa la vacanza, con genitori che odiavano la spiaggia (e quello splendido mare) e privilegiavano chiese, mostre e musei: me ne fosse fregato qualcosa.
Potre andare avanti per ore, ma con due neuroni come bagaglio culturale, necessito del meritato riposo.
Però è una figata questa dei flash..
E non finisce qui....

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