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Uno splendido viaggio sulle montagne russe della mente di una borderline girl

sabato 19 febbraio 2011

La contessa malaticcia

C'era una volta in Francia, tanto tempo fa, una contessa anziana di nobili origini.
Viveva da sola perché il marito era morto da tempo immemorabile; a farle compagnia c'erano un paio di gatti e il fidato nonché premuroso cameriere tuttofare Cincirinello.
Purtroppo la salute della contessa era in via di costante peggioramento. Aveva una brutta broncopolmonite, assai difficile da curare, considerando anche che all'epoca non esistevano antibiotici o altre potenti medicine.
Il dottor Xavier De La Roche, era un vechietto un pò malmesso anche lui, l'artrite reumatoide gli faceva vedere i sorci verdi, ma, nonostante tutto, continuava a svolgere la sua professione di medico condotto con abnegazione ed impegno.
In particolare, era molto affezionato alla contessa, era una delle sue pazienti preferite, forse anche perchè da giovane era stato segretamente innamorato di lei, e per questo andava a visitarla tutti i giorni, sperando sempre in un piccolo segnale di miglioramento.
Ma fuori era inverno, tirava un vento molto forte e pungente, la temperatura era costantemente sotto zero e questo non aiutava la contessa a riprendersi.
Un giorno, durante la consueta visita del dottor De La Roche, egli si accorse che le condizioni della contessa erano improvvisamente peggiorate; era disperato, si sentiva impotente perchè non aveva alcuna cura da somministrarle per offrirle un seppur minimo miglioramento.
La contessa, che, nonostante l'età e la malattia, era ancora molto lucida, disse al dottore: "Sa, dottore, io lo so quanto mi resta ancora da vivere. Vede quell'edificio antico di fronte alla mia villa? D'estate è sempre è sempre pieno di foglie rampicanti, ma ormai con il freddo sono cadute tutte, ad una ad una, ed ora ne sono rimaste solo due.
Ebbene, quando anche le due ultime due foglie cadranno, io morirò".
Il dottore, non sapendo cosa rispondere, si limitò ad annuire e se ne andò via, mesto ed avvilito.
Ma il fido Cincirinello, che aveva ascoltato tutta la conversazione nascosto dietro la porta, non volle darsi per vinto, era troppo affezionato alla contessa. E se lei fosse mancata, lui era troppo vecchio per trovare un'altra famiglia presso la quale prestare i suoi servigi e soprattutto essere così apprezzato e benvoluto.
Allora escogitò un piano geniale: non appena la contessa si addormentò, lui chiuse le tende e corse nell'edificio di fronte.
Strappò con forza le due foglie superstiti, ormai avrebbero resistito solo poche ore, e si mise alacremente al lavoro con tempera e pennello. Con infinita cura e precisione disegnò due bellissime foglie, così variopinte, che sembrava fossero vive.
E intanto l'inverno andò avanti, col suo freddo gelato, la neve, la pioggia, le tempeste.
Ma le foglie non cadevano mai, e la contessa stava sempre meglio.
Passarono le stagioni, tornò l'estate, il cielo si fece limpido, le cicale frinivano nei prati e la contessa, con l'enorme stupore del dottor De La Roche, si potè considerare guarita.
La morale di questa favola?
Sinceramente non la so, e soprattutto non ho mai amato cercare significati reconditi nelle storie che mi sono sempre state raccontate.
Sarebbe bello che qualcuno disegnasse due bei fiori cangianti sul muro di casa mia, due fiori splendenti che mi donino gioia e serenità.
Forse basta davvero poco per essere felici.
(un sentito ringraziamento al caro dott. B. che mi ha dato l'ispirazione per questa storia).

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